Ott 17, 2022 | News

Primi commenti agli strumenti di regolazione della crisi

La cessione dei beni nel concordato: caratteristiche, azioni del liquidatore e ipotesi di trasformazione, fusione e scissione (commento agli artt. 114, 115 e 116 del DLgs. 14/2019). A cura di Simone Giannecchini

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Primi commenti agli strumenti di regolazione della crisi

A pagina 103: la cessione dei beni nel concordato: caratteristiche, azioni del li- quidatore e ipotesi di trasformazione, fusione e scissione (commento agli artt. 114, 115 e 116 del DLgs. 14/2019).
A cura di Simone Giannecchini.

L’articolo in commento, rubricato “Cessione dei beni”, tratta assieme al successivo art. 115 l’attuazione della tipologia di concordato più comune nella prassi: il concordato liquidatorio.
Come nel previgente art. 182 L.F., che l’art. 114 del DLgs. 14/2019 in larga parte riproduce, viene disposto che con la sentenza di omologazione del piano, e non già “decreto”, il tribunale nomina uno o più liqui- datori ed un comitato dei creditori, composto da tre o cinque membri, oltre che determinare le altre modalità di liquidazione.

Il liquidatore giudiziale è il soggetto preposto allo svolgimento di tutte le azioni programmate nel piano, allorquando preveda la cessione di beni. A questo si applicano le norme previste dal DLgs. 14/2019 sulla nomina del curatore (art. 125), sull’accettazione dell’incarico (art. 126), nonché le disposizioni che regolano l’eventuale sostituzione del professionista, le sue responsabilità e le modalità di determinazione del suo compenso, nonché, ulteriormente, si applica anche al liquidatore giudiziale quanto disposto dall’art. 231 in tema di rendiconto della gestione.

Allo stesso modo vengono mutuate per i membri del comitato dei creditori, sempre in quanto compatibili, le regole che disciplinano il medesimo organo nella liquidazione giudiziale (nomina, compiti e responsabilità).

La nomina e la scelta del professionista incaricato spettano al tribunale: possono essere chiamati a svolgere il compito di liquidatori giudiziali tutti coloro che rispettino i requisiti di cui all’art. 358 del DLgs. 14/2019. Al quarto comma dell’art. 114 del Dlgs. 14/2019, sono disciplinate le modalità di svolgimento dell’incarico del liquidatore giudiziale, definendo le regole a cui devono sottostare le vendite dei beni del debitore. Viene previsto un rinvio “in blocco” alle regole delle vendite in sede di liquidazione giudiziale, per quanto compatibili, così come anteriormente, come previsto dal vecchio art. 182 L.F., trovavano applicazione le disposizioni contenute nei previgenti artt. 105-108 ter L.F.; ulteriormente si dispone che, se la sentenza di omologa non prevede diversa- mente, la cancellazione di ogni gravame pendente sui beni del debitore è effettuato previo esclusivo ordine del giudice.

L’articolo sottolinea che tali modalità di vendita siano da applicarsi anche a quelle che avvengono anteriormente all’omologa, e successive al deposito della domanda di concordato. Quanto agli obblighi di informazione periodica, come noto, il previgente art. 182 L.F. espressamente nel testo poneva, per il liquidatore giudiziale, il rinvio alle disposizioni di cui al vecchio art. 33 L.F. Da ciò dunque derivavano sia le modalità che i tempi delle informative periodiche ponendo in capo al professionista “ogni sei mesi successivi” … “redige altresì un rapporto riepilogativo…”.

Diversamente l’art. 114 del Dlgs. 14/2019 ordina al liquidatore una comunicazione al commissario giudiziale che tratti dell’attività svolta – circa le “informazioni rilevanti” – e dell’andamento della liquidazione. Sebbene da una prima lettura della norma l’obbligo della forma scritta possa non apparire così stringente o necessario, si può ritenere che l’articolo, laddove dispone una comunicazione al commissario, intenda disporre la redazione di una relazione. Proseguendo nella lettura infatti

questo diventa evidente in quanto viene poi previsto che il commissario ne depositi una “copia” presso la cancelleria fallimentare.
Tale informativa periodica è prodromica all’obbligo di informazione previsto dall’art. 118 del DLgs. 14/2019 per il commissario giudiziale verso i creditori della procedura. Al comma quinto è previsto che il commissario dia notizia di tale relazione, con eventuali proprie osservazioni, al pubblico ministero e ai creditori e ne depositi una copia presso la cancelleria del tribunale.

Quanto ai tempi, il testo non indica il dies a quo di decorrenza del primo semestre, ragion per cui si ritiene debba assumersi come tale il giorno della nomina del liquidatore, o meglio il giorno di pubblicazione della sentenza di omologa, sebbene il termine quindi di 180 giorni non debba intendersi come perentorio.

Il deposito della relazione del liquidatore da parte del commissario presso la cancelleria è certamente l’occasione per il giudice delegato di effettuare un monitoraggio sull’efficacia del lavoro svolto, e se del caso porre richieste di chiarimenti, seppure, potrebbe apparire in tal senso dissonante la previsione di riportare esclusivamente le informazioni “rilevanti”, che mal concilia i doveri di vigilanza del commissario giudiziale stesso e l’attività di controllo del giudice delegato.

Se pertanto in conclusione il dettato normativo dell’art. 114 sembra meno stringente riguardo la dovizia con cui deve essere assolto l’obbligo di informazione periodica, appare corretto ritenere che sarà buona prassi del liquidatore dettagliare accuratamente il proprio operato in modo tale da favorire il lavoro degli altri organi della procedura e prevenire divergenze.

Il richiamo espresso dell’art. 114 comma secondo al all’art. 134 del Dlgs. 14/2019 (“revoca del curatore”), estende al liquidatore giudiziale quanto già previsto per il curatore ed il commissario, sebbene già pacifico nella prassi, consentendo al tribunale di procedere con la revoca e la sostituzione del professionista (art. 135), laddove questo si ritenga necessario, anche in caso di dimissioni. Tali rinvii rendono sempre più pubblicistica la figura del liquidatore giudiziale, assimilandolo quanto più al curatore ed al commissario, sebbene a differenza di questi, nell’evidente assenza di un rimando all’art. 127 del DLgs. 14/2019 il legislatore lo privi della qualifica di “pubblico ufficiale”.

Con il comma 6, infine, introduce un iter sulle modalità di chiusura della fase esecutiva del piano. Si dispone, infatti, che una volta conclusa l’esecuzione del concordato, e con ciò è da intendersi eseguito il riparto finale, il liquidatore comunica al commissario giudiziale un rapporto riepilogativo finale, accompagnato dal conto della sua gestione e dagli estratti del conto bancario o postale; il commissario ne dà notizia, con le sue osservazioni, al pubblico ministero e ai creditori e ne deposita copia presso la cancelleria del tribunale.

Con il successivo art. 115 del DLgs. 14/2019 sono ulteriormente approfonditi il ruolo ed i poteri del liquidatore giudiziale, introducendo una disciplina assente nella precedente Legge Fallimentare e volta a risolvere criticità applicative frequenti nello svolgimento dell’incarico.

La norma attribuisce al liquidatore giudiziale ogni potere necessario all’attuazione del piano concordatario, ed esenta così parzialmente la sentenza di omologa dal prevedere specifici poteri per il liquidatore nominato.

Sinora il professionista designato, da un lato, godeva di ampia libertà in assenza di una normativa che ne delimitasse il perimetro, dall’altro, emergeva una figura talvolta fragile, passibile di atteggiamenti ostruzionistici e spesso attaccabile sul fronte della legittimità a porre in essere taluni azioni. Di frequente il tribunale, nel già decreto di omologa, sopperiva in minima parte disponendo le regole di esecuzione di talune incombenze frequenti nel corso della procedura come, ad esempio, prevedendo l’iter delle autorizzazioni necessarie per provvedere ai pagamenti o sul recupero dei crediti.

Questa soluzione all’intero dei decreti di omologa risultava, e risulta tutt’ora negli incarichi pendenti, talvolta sterile in quanto con difficoltà è possibile disciplinare le modalità di svolgimento dell’incarico in ogni minima sfaccettatura ed inoltre al momento dell’omologa raramente si può prevedere ogni attività necessaria che potrebbe sopravvenire nel corso della procedura. Attraverso l’art. 115 primo comma, si risolve parzialmente il dibattimento con una formulazione volutamente molto ampia: si attribuisce

al liquidatore giudiziale la possibilità di esercitare di propria iniziativa, o se pendente, di proseguire ogni azione prevista dalla legge indispensabile a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore, nonché ogni azione necessaria al recupero dei crediti. Per- tanto, il DLgs. 14/2019 non volge l’interesse esclusivamente alla liquidazione dei beni, bensì intende con questo articolo fornire al professionista incaricato la legittimazione a qualsivoglia attività funzionale alla buona riuscita della procedura.

Il secondo comma prosegue definendo la controversia sulla legittimazione da parte del liquidatore all’esperimento dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori: si conferisce al professionista la possibilità di procedere di propria iniziativa, o se pendente, di pro- seguire le azioni necessarie prevedendo, inoltre, che ogni patto contra- rio o ogni diversa previsione contenuta nella proposta o nel piano sia inopponibile sia al liquidatore che ai creditori della società. In questo modo così si esclude la possibilità, a priori, che al fine della proposizione di tale azione si possa presumere l’esigenza di una delibera assembleare favorevole dei soci.

Resta tuttavia ferma, ai sensi del terzo comma, in ogni caso, anche in pendenza della procedura e nel corso della sua esecuzione, la legittimazione di ciascun creditore sociale a esercitare o proseguire l’azione di responsabilità prevista dall’art. 2394 c.c. e dall’art. 2476 c.c., per le società a responsabilità limitata.

In conclusione, l’art. 115 del DLgs. 14/2019 individua talune esclusive competenze del liquidatore giudiziale, ne rafforza il ruolo e risolve parzialmente la criticità della c.d. legale rappresentanza parziale del professionista incaricato. Allo stesso tempo con ogni probabilità l’articolo non azzererà l’onere del tribunale di dettagliare, di volta in volta, a seconda delle necessità, il contenuto della sentenza di omologa.

In tal senso si pensi alla necessità da parte del liquidatore, nello svolgimento di talune incombenze, di acquisire un “parere del commissario giudiziale” o l’autorizzazione del comitato dei creditori”; tali passaggi, non previsti dalla norma, come noto sono fortemente comuni nella prassi, facilitano la cooperazione e la comunicazione tra gli organi della procedura, e prevengono divergenze ed anche eventuali profili di responsabilità per il professionista.

Nello stesso modo la norma non fornisce risposte esaustive in grado di risolvere definitivamente il delicato equilibrio tra il liquidatore giudiziale ed il legale rappresentante della società; la norma, infatti, seppur rafforzando il ruolo del liquidatore, non sottrae al debitore l’amministrazione e la disponibilità dei beni.

In particolare, ci si concentra sulla fase di cessione dei beni, ma si pensi ad esempio alle manutenzioni o le riparazioni dei beni stessi che, in ipotesi, non immediatamente vengono aggiudicati in sede di asta: se certamente la cura di questi per un miglior collocamento sul mercato rientra nell’alveo dell’operato del legale rappresentante, è evidente come, soprattutto in caso di sua inerzia, è auspicabile che nel tempo il liquidatore giudiziale si arroghi il diritto di provvedere a tutto quanto necessario per un migliore soddisfacimento dei creditori.

Il professionista è quindi chiamato ad un dialogo continuo con il legale rappresentante della società, anche al fine di coordinare azioni che nell’assenza di una diversa disposizione potrebbero essere dovere e/o interesse di entrambi, sfruttando la formulazione ampia del primo comma dell’art. 115 per raggiungere il migliore risultato per la procedura.

Altro caso particolare, oltre che rappresentativo di un tema assai dibattuto in dottrina e non disciplinato dalla previgente Legge Fallimentare, è rappresentato dalla disciplina di riferimento per l’attuazione di operazioni straordinarie d’impresa, o di riorganizzazione di un gruppo societario, in pendenza di un piano concordatario.

Ai sensi dell’art. 116 comma 1 del DLgs. 14/2019, seguendo l’intento di rafforzare la possibilità di prevedere un riassetto societario all’interno di una proposta, inserisce la previsione che in caso di operazioni di trasformazione, fusione o scissione ad opera della società debitrice, sia durante la procedura che dopo la sua omologazione, queste possano essere contestate dai creditori sociali solo attraverso lo strumento dell’opposizione all’omologazione.

Preliminarmente, è opportuno sottolineare il perimetro della norma: pare evidente che vengano qui disciplinate le operazioni di riorganizzazione societaria con attuazione condizionata all’omologa od integralmente da predisporre durante l’esecuzione del piano, mentre restano fuori le trasformazioni, fusioni o scissioni concluse prima della udienza di omologa, previa autorizzazione del Commissario giudiziale in quanto operazioni straordinarie.

Seguendo nella lettura ci si sposta all’analisi della contestazione dei creditori; il comma stesso, testualmente, indica la contestazione della “validità” dell’operazione come forma di tutela da parte dei creditori. Tale formulazione, sfuggente, sembrerebbe volutamente generica.

Non può sfuggire, solo ad esempio, la criticità di contestare la “validità” di un’operazione che di fatto, nel momento dell’udienza di omologazione, è solo programmata.
L’intento pare quindi essere quello di lasciare il più ampio spazio possibile per le osservazioni dei creditori, che possono vertere su ogni possibile causa di “invalidità”, quindi non solo verso ogni possibile causa di nullità o di annullabilità dell’atto finale o del procedimento, di per sé come detto comunque difficilmente sostenibile allorquando l’operazione è solo programmata, ma verso qualsiasi possibile causa di inefficacia in termini di adeguatezza, modalità, e opportunità dell’operazione che il debitore intende porre in essere, sebbene l’opposizione formulata sia da intendere sempre nei confronti del piano in generale e non nei confronti della sola delibera dell’operazione.

Questa previsione, ampia, è contestualmente controbilanciata ove la norma prevede che la contestazione possa avvenire esclusivamente al momento della formulazione di opposizioni all’omologazione del piano. Dopo tale momento infatti, gli effetti delle operazioni di cui al primo comma, che per il resto rimangono assoggettate alle regole previste dal codice civile, si consolidano: ai sensi della comma terzo divengono “irreversibili”, anche in caso di risoluzione o di annullamento del concordato, salvo, prevede l’articolo, un diritto al risarcimento per il danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi ai sensi della disciplina società ex artt. 2500-bis, comma secondo, 2504-quater, comma secondo, e 2506-ter comma 5 c.c.

Come indicato nella Relazione Illustrativa al Dlgs. 14/2019, la scelta del legislatore è stata quella di convogliare la tutela dei creditori nel giudizio di omologazione e nelle eventuali opposizioni lì convergenti: la disposizione è frutto dell’intento di attribuire, con un certo grado di rapidità, stabilità al concordato approvato. Con la cristallizzazione del piano si evita che questo, già ormai omologato ed in fase di esecuzione, giunga in situazione di precaria certezza a causa di impugnazioni o opposizioni successivamente proposte a norma del codice civile. E ciò, si aggiunge, lo si intende sia a tutela del debitore ma anche dei creditori aderenti, volendo evitare che la procedura subisca rallentamenti e, quindi, il liquidatore giudiziale tardi nelle operazioni di liquidazione e riparto.

Con il secondo comma, il legislatore si preoccupa di individuare adeguate forme di pubblicità per l’operazione societaria che la società intende porre in essere. Pertanto, la norma ordina che il tribunale, all’interno del provvedimento di fissazione dell’udienza di cui all’art. 48 del DLgs. 14/2019, vale a dire di omologa del concordato, disponga che il piano sia pubblicato nel registro delle imprese del luogo dove hanno la sede le società interessate dalle operazioni di trasformazione, fusione o scissione e che tra la data della pubblicazione e l’udienza debba aversi un lasso temporale di almeno 30 giorni.

Il quarto comma dell’art. 116 dispone, infine che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel capo X del titolo V del libro V del codice civile, ed al comma 5 che quando il piano prevede il compimento delle operazioni di organizzazione societaria, il diritto di recesso da parte dei soci dissenzienti previsto dal codice civile è sospeso fino all’attuazione del piano.