Mag 21, 2022 | News

Il Liquidatore Giudiziale: compiti e funzioni alla luce del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

Commento all'articolo da parte di Simone Giannecchini, Componente della Commissione UNGDCEC Crisi d’Impresa.

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Il Liquidatore Giudiziale: compiti e funzioni alla luce del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

A pagina 57 articolo di Simone Giannecchini
Componente della Commissione UNGDCEC Crisi d’Impresa

Il 15 luglio 2022 segna un momento di demarcazione importante in materia di crisi d’impresa, data di entrata in vigore nella sua interezza del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Focus del presente articolo riguarda nello specifico il ruolo del Liquidatore Giudiziale nel Concordato Preventivo, di cui alle previsioni degli artt. 114 e 115 CCII.

In particolare l’articolo 114, rubricato “Cessione dei beni”, prevede che in caso di concordato preventivo con cessione dei beni, il Tribunale – come avveniva nel- la oramai abrogata Legge Fallimentare – provveda alla nomina di uno o più Liquidatori, oltre che del Comitato dei Creditori, per assistere alla liquidazione, determinandone le modalità. La norma prevede altresì che vi sia uno specifico obbligo in capo al Liquidatore, come previsto in passato, di informare semestralmente il commissario giudiziale circa l’andamento della liquidazione.

Al termine dell’esecuzione del concordato, il Liquidatore dovrà poi redigere un rapporto riepilogativo finale, accompagnato dal conto della sua gestione e dagli estratti del conto bancario o postale. Il commissario ne darà notizia, con le sue osservazioni, al pubblico ministero e ai creditori, depositandone copia presso la cancelleria del Tribunale competente.

Appare del tutto evidente come la norma in argomento in larga parte riproduca le previsioni già contenute nell’abrogato art. 182 della Legge Fallimentare, laddove una differenza significativa si ravvisa nel fatto che nel nuovo Codice l’omologazione del Piano di Concordato Preventivo è disposta con “sentenza” e non già con “decreto”. Come detto, il Liquidatore Giudiziale è il soggetto preposto allo svolgimento di tutte le azioni programmate nel piano, allorquando lo stesso preveda la cessione di beni. A questo si applicano le norme previste dal Codice sulla nomina del curatore (125), sull’accettazione dell’incarico (126), nonché le disposizioni che regolano l’eventuale sostituzione del professionista, le sue responsabilità e le modalità di determinazione del suo compenso, nonché, ulteriormente, si applica anche al Liquidatore Giudiziale quanto disposto dall’art. 231 in tema di rendiconto della gestione. Allo stesso modo vengono mutuate per i membri del comitato dei creditori, sempre in quanto compatibili, le regole che disciplinano il medesimo organo nella liquidazione giudiziale (nomina, compiti e responsabilità).

La nomina e la scelta del professionista incaricato di ricoprire la qualifica di Liquidatore Giudiziale, spetta al Tribunale: possono essere chiamati a ricoprire tale incarico tutti coloro che rispettino i requisiti di cui all’art. 358 CCII, norma in ultimo modificata dal D. Lgs. n. 83 del 17.6.2022 (art. 42). In particolare, posso- no ricoprire l’incarico quei soggetti scelti tra gli iscritti all’albo degli incaricati della gestione e del controllo nelle procedure, ovvero in estrema sintesi:

a) gli iscritti agli albi degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro;
b) gli studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse siano in possesso dei requisiti professionali di cui alla lettera a), e, in tal caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la per- sona fisica responsabile della procedura;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società di capitali o cooperative, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Diversamente, non possono essere nominati Liquidatori (al pari del Curato- re e del Commissario), soggetti legati da rapporti parentali espressamente richiamati dalla norma, creditori del debitore, soggetti che hanno concorso al dissesto dell’impresa, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con la procedura di concordato.

Nella scelta del soggetto da nominare – come Liquidatore ma anche come commissario e curatore – il Tribunale tiene conto:
a) delle risultanze dei rapporti riepilogativi;
b) degli incarichi in corso, in relazione alla necessità di assicurare l’espletamento diretto, personale, efficiente e tempestivo delle funzioni;

c) delle esigenze di trasparenza e di rotazione nell’assegnazione degli incari- chi, anche tenuto conto del numero delle procedure aperte nell’anno prece- dente, valutata la esperienza richiesta dalla natura e dall’oggetto dello specifico incarico.

Le lettere sub b) e c) sono state così modificate dall’art. 37, co. 3, del D. Lgs. n. 147 del 26.10.2020 con decorrenza dal 1.9.2021.
In merito alle modalità da seguire per l’assolvimento dell’incarico di Liqui- datore conferito dal Tribunale, il comma quarto del 114 definisce le regole a cui devono sottostare le vendite dei beni del debitore, attraverso un rinvio “in blocco” alle regole delle vendite in sede di liquidazione giudiziale, per quanto

compatibili, così come anteriormente previsto dall’art. 182 L.F. abrogato, trovando applicazione le disposizioni degli articoli da 105 a 108 ter L.F. Ulteriormente si dispone che, nell’ipotesi in cui la sentenza di omologa non prevede diversamente, la cancellazione di ogni gravame pendente sui beni del debitore è effettuato previo esclusivo ordine del Giudice.

Quanto agli obblighi di informazione periodica, come noto, il previgente art. 182 L.F. espressamente nel testo assoggettava il Liquidatore Giudiziale alle disposizioni di cui all’art. 33 L.F., quinto comma, sostituendo “al curatore il liqui- datore”. Da ciò dunque derivavano sia le modalità che i tempi delle informative periodiche: infatti ai sensi dell’art. 33 L.F. il professionista “… ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui al primo comma, redige altresì un rapporto riepilogativo…”.

Sul punto appare chiara la volontà di non riproporre tout court il dettato normativa della Legge Fallimentare, imponendo sì al Liquidatore Giudiziale un obbligo di informativa semestrale ma con talune differenze. L’art. 114 CCII or- dina al Liquidatore una comunicazione al commissario giudiziale che tratti della attività svolta – circa le “informazioni rilevanti” – e sull’andamento della liquidazione; pertanto senza una comunicazione diretta ai creditori e senza che il Codice disponga espressamente quanto alle forme di tale comunicazione. Tale informativa periodica è prodromica all’obbligo di informazione previsto dall’art. 118 CCII per il commissario giudiziale verso i creditori della procedura. Al comma quinto del 114 è poi previsto che il commissario – come detto – ne dia notizia, con eventuali proprie osservazioni, al pubblico ministero e ai creditori e ne depositi una copia presso la cancelleria del Tribunale. Quanto ai tempi il testo non indica il dies a quo di decorrenza del primo semestre, ragion per cui si ritiene a parere degli scriventi che debba assumersi come tale il giorno della nomina del liquidatore, o meglio il giorno di pubblicazione della sentenza di omologa, sebbene il termine quindi di 180 giorni non debba intendersi come perentorio.

Il deposito della relazione del Liquidatore da parte del commissario presso la cancelleria è certamente l’occasione per il giudice delegato di poter effettuare un monitoraggio sull’efficacia del lavoro svolto e, se del caso, porre richieste di chiarimenti, seppure la norma richieda solo di riportare al Liquidatore le informazioni “rilevanti” e non anche una sintesi di tutta l’attività liquidatoria svolta, ciò mal conciliandosi con i doveri di vigilanza del commissario giudiziale e l’attività di controllo del giudice delegato.

Se pertanto in conclusione il dettato normativo dell’art. 114 sembra meno stringente riguardo la dovizia con cui deve essere assolto l’obbligo di informazione periodica, appare corretto ritenere che sarà buona prassi del Liquidatore dettagliare accuratamente il proprio operato in modo tale da favorire il lavoro degli altri organi della procedura e prevenire divergenze e criticità a discapito della fluidità dell’esecuzione della procedura.

Il richiamo espresso dell’art. 114 comma secondo al 134 CCI (“Revoca del curatore”), estende po al Liquidatore Giudiziale quanto già previsto per il curatore ed il commissario, sebbene già pacifico nella prassi, consentendo al Tribunale di procedere con la revoca e la sostituzione del professionista (art. 135), laddove questo si ritenga necessario, anche in caso di dimissioni. Tali rinvii rendono sempre più pubblicistica la figura del Liquidatore Giudiziale, assimilandolo quanto più al curatore e al commissario, sebbene a differenza di questi, nell’evidente assenza di un rinvio all’art. 127 CCII, il legislatore lo privi della qualifica di “pubblico ufficiale”.

Con l’ultimo comma, il 6°, del 114 CCII, il legislatore pone una chiosa all’operato del Liquidatore Giudiziale inserendo, come da schema di Decreto Insolvency approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 giugno 2022, un iter sulle modalità di chiusura della fase esecutiva del piano; il testo infatti dispone – come anzidetto – che una volta conclusa l’esecuzione del concordato, e con ciò è da intender- si eseguito il riparto finale, il Liquidatore debba predisporre al commissario giudiziale un rapporto riepilogativo finale, accompagnato dal conto della sua gestione e dagli estratti del conto bancario o postale.

In estrema sintesi, il profilo tracciato dalla legge individua per il Liquidatore Giudiziale – anche nei vari rinvii ad altre norme di cui al CCII – alcuni aspetti mutati dalle previsioni dettate per il curatore, quali:

  • I requisiti per la nomina;
  • Le ipotesi di revoca;
  • Il ruolo del comitato dei creditori;
  • Le modalità operative di vendita;
  • Le relazioni periodiche, con cadenza semestrale;
  • Il rendiconto finale.Ove non previsto espressamente, la norma dispone un rinvio alla sentenza di omologazione, che “determina le altre modalità della liquidazione”, come avveniva in passato. Laddove poi non intervengano né le norme così riformate dal nuovo Codice, né la sentenza di omologazione, necessariamente si dovrà “sopperire” con la prassi più virtuosa e con le norme civilistiche.

    La situazione nella quale – anche a seguito della riforma in argomento – ci si trova, continua ad essere un connubio di previsioni di legge, indicazioni dei Tribunali, prassi di settore che il Liquidatore Giudiziale dovrà ricostruire, armonizzare, eseguire con la diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico.

    Altro tema connesso all’argomento in trattazione è quello relativo alla “chiusura” del CP, per il quale gli scriventi ritengono che debba riproporsi il medesimo approccio già in uso nella prassi di diversi Tribunali italiani – ad esempio presso la sezione fallimentare di Roma -, ovvero l’applicazione per analogia al concordato preventivo dell’art. 246 CCII, come avveniva per l’abrogato art. 130 L.F. Ci si riferisce in particolare al fatto che tale ultima norma inserita nell’ambito del concordato fallimentare – oggi appunto sostituita dall’art. 246 – prevedeva che quando il decreto di omologazione diventasse definitivo, il curatore dovesse redigere il conto della gestione ai sensi dell’art. 116 L.F. ed il Tribunale procedere a dichiarare chiuso il fallimento. L’applicazione analogica dell’art. 130 L.F., anche ai concordati preventivi, consentiva l’emissione da parte del Tribunale di un dispositivo di chiusura, con la conseguenza di poter avere una “data certa” di definitiva chiusura del CP. Si ritiene appunto che oggi il medesimo approccio possa essere replicato con l’art. 246 CCII.

    A questo punto il presente approfondimento non può tralasciare l’altra importante norma connessa al ruolo del Liquidatore Giudiziale, l’art. 115 CCII, rubricato “Azioni del liquidatore giudiziale in caso di cessioni dei beni”. L’articolo in commento esamina in particolare il ruolo ed i poteri del Liquidatore Giudiziale, introducendo una disciplina assente nella Legge Fallimentare e volta a superare criticità applicative frequenti nello svolgimento dell’incarico. Recependo quanto già consolidatosi ormai nella prassi, la norma attribuisce al Liquidatore Giudiziale ogni potere necessario all’attuazione del piano concordatario, con previsioni specifiche che così integrano quanto ulteriormente previsto nella sentenza di omologa.

    Di frequente il Tribunale, nel già decreto di omologa, sopperiva in parte disponendo le regole di esecuzione di talune incombenze frequenti nel corso della procedura, ad esempio prevedendo l’iter delle autorizzazioni necessarie per provvedere ai pagamenti o sul recupero dei crediti. Questo intervento all’interno dei decreti di omologa risultava, e risulta ancora oggi negli incarichi pendenti, non sempre sufficiente a superare eventuali criticità operative nell’assolvimento dell’incarico.

    Sinora il professionista designato da un lato godeva di ampia libertà in assenza di una normativa che ne delimitasse il perimetro, dall’altro si trovava con il “fianco scoperto” in situazioni di confusione, laddove erroneamente taluni soggetti terzi ricollegati alla società lo percepissero quale rappresentante legale della società in concordato preventivo.

    Per tutto ciò il legislatore, a parere di chi scrive, attraverso l’art. 115 primo comma, risolve parzialmente la problematica con una formulazione volutamente molto ampia: attribuisce al Liquidatore Giudiziale la possibilità di esercitare di propria iniziativa, o se pendente di proseguire, ogni azione prevista dalla legge indispensabile a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio del debitore, nonché ogni azione necessaria al recupero dei crediti. Il nuovo Codice, quindi, non volge l’interesse esclusivamente alla liquidazione dei beni, bensì intende con questo articolo fornire al professionista incaricato la legittimazione a qualsivoglia attività funzionale alla buona riuscita della procedura. Il secondo comma prosegue definendo la controversia sulla legittimazione da parte del Liquidatore all’esperimento dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori: l’articolo conferisce al professionista la possibilità di procedere di propria iniziativa, o se pendente di proseguire le azioni necessarie, prevedendo inoltre che ogni patto contrario o ogni diversa previsione contenuta nella proposta o nel piano sia inopponibile sia al Liquidatore che ai creditori della società. In questo modo così si esclude la possibilità, a priori, che al fine della proposizione di tale azione si possa presumere l’esigenza di una delibera assembleare favorevole dei soci. Resta tuttavia ferma, ai sensi del terzo comma, in ogni caso, anche in pendenza della procedura e nel corso della

    sua esecuzione, la legittimazione di ciascun creditore sociale a esercitare o proseguire l’azione di responsabilità prevista dall’articolo 2394 del codice civile, e dall’art. 2476 per le società a responsabilità limitata.
    In conclusione l’art. 115 del Codice determina talune esclusive competenze in capo al Liquidatore Giudiziale, rafforzandone il ruolo e risolvendo parzialmente alcune criticità operative sino ad ora riscontrate nello assolvimento dell’incarico. Contestualmente permarrà la necessità da parte del Liquidatore, nello svolgimento di talune incombenze, di acquisire un “parere del commissario giudiziale” o l’”autorizzazione del comitato dei creditori”; tali passaggi, non previsti dalla norma, come noto sono fortemente comuni nella prassi, facilitano la cooperazione e la comunicazione tra gli organi della procedura, e prevengono divergenze ed anche eventuali profili di responsabilità per il professionista.

    Nelle maglie larghe delle norme, l’auspicio sarà quello di poter avere sentenze di omologa dei concordati preventivi con l’indicazione più possibile esaustiva circa il ruolo, i compiti e le funzioni del nominato Liquidatore Giudiziale, non solo per garantirne l’assolvimento dell’incarico nel modo più corretto possibile, ma soprattutto per consentirgli di svolgere la propria attività in modo tale da realizzare al meglio le previsioni del piano omologato in esecuzione, ovvero la soddisfazione della massa creditoria quale valore primario della procedura stessa.